

Ci sono dei ristoranti dove ti senti come se fossi a casa.
L’ambiente, la gestione, i profumi, ma, soprattutto, le buone pappe.
Ho sperimentato tanti, ma mai troppi, locali nella mia vitaccia, ma ce ne sono due che non dimenticherò mai e dove almeno ogni 2 o 3 mesi devo tornare, pena il malessere da astinenza: Leone e Anna a Cortina e Le Marcandole a Salgareda.
Il primo è un ristorante di cucina prevalentemente sarda, con qualche richiamo ai sapori dell’America Latina, luogo di provenienza della moglie del proprietario.
Già all’ingresso si viene catapultati in un altro mondo: mille oggetti appesi alle pareti, foto, arredamento scuro e variegato, pochi posti e sempre una moltitudine di commensali, con il pass della cucina che propone profumi e colori inebrianti.
La prenotazione è d’obbligo, sia per i posti limitati e la continua affluenza, ma, soprattutto, perché quando ci si siede a tavola, l’antipasto è già li ad attenderti: salamino dolce sardo, caprino condito, acciughe, melanzane sott’olio e soprattutto una crema di pecorino piccante che è la fine del mondo, il tutto accompagnato dalla sfoglia sottile del pane Carasau.
A metà dell’antipasto viene servita un’insalata (credo messicana) piccante con chimichurri deliziosa, che s’intona perfettamente col vino Cannonau giovane, un “must”.
Durante l’abbuffata antipastesca il padrone “di casa” viene a prendere l’ordine elencando un’infinità di delizie, mandandoti nel pallone perchè degusteresti tutto! Spaghetti alla bottarga, zuppa di carciofi, mallureddus, gnocchetti sardi con salsiccia e pecorino, il filetto al cannonau e mirto, il porceddu e poi qualche piatto del giorno: tutto meravigliosamente buono.
Dopo l’ordinazione un “entrè” di zucchine calde avvolte attorno ad una crema di pomodoro e basilico spezza l’attesa.
Normalmente finito il primo ci si è già pentiti di aver ordinato anche il secondo, perché l’antipasto è veramente sazio, però poi quando ti trovi davanti un filetto con una salsa rosso intenso accompagnato con delle chips di patata che ti si scioglie in bocca, ringrazi di esser vissuto fino a quel momento, perché poi potresti anche morire contento.
A fine pasto dolcetti tipici sardi accompagnano il filuferrù, digestivo-bomba per tutti i pasti della settimana.
Appesantito dal cibo divino e alleggerito dal conto non propriamente economico, esci ogni volta ripromettendoti che la prossima ordinerai meno pietanze e mangerai meno pane, dimenticandotene sempre la volta successiva.
Il secondo locale è un fantastico ristorante di pesce un pò sciccoso.
Partendo dai miei monti ci vuole circa un’ora e mezza di viaggio per raggiungerlo, di solito deleteria perché non si fa altro che parlare di cosa mangiare, di quanto buono è quello o quell’altro piatto, quindi, raggiunta Salgareda, ci si siede a tavola con i crampi dalla fame.
Ottimo percorso per assaporare una moltitudine di piatti è il misto di antipasti, con 6 portate in cui tutta l’esperienza e la conoscenza dei cuochi viene esaltata.
Si inizia, ovviamente col vino e con quel tanto buono quanto infimo pane fatto in casa, ogni volta con ingredienti diversi e con le sfogliette al grana: spettacolo!
In attesa della prima portata di solito, anche qui, un entrè delizia il palato, che può essere una sardina con mozzarella in carrozza, o un leccalecca di mazzancolla con crema all’ananas.
Di solito gli antipasti sono: granseola al naturale (servita nella corazza del crostaceo), folpetti al forno con rosmarino e crema di fagioli cannellini, cappesante o al naturale oppure con crema di patate, salsa al marsala e sfoglie di polenta al nero di seppia (mai mangiato un piatto così elaborato eppure semplice al gusto, con un abbinamento di sapori che manda in estasi le papille gustative), canestrelli in mille modi e altre preparazioni che dipendono dal pescato del giorno. Ultimo piatto degno di nota è il classico fritto misto, fatto semplicemente con una leggera infarinatura, la cui croccantezza si abbina perfettamente alle salse di accompagnamento, all’aceto balsamico e al prosecco.
Locale bellissimo, con accenni di moderno (la cucina a vista, bellissima) che si intersecano perfettamente con lo stile antico e un pò austero del locale, meno percepibile di giorno grazie all’illuminazione che proviene dalla terrazza esterna.
Anche qui la cifra non è “da trattoria”, ma merita veramente molto.
4 Comments
[MiMMuZ]
21 Ottobre 2009 at 16:50Se fallisci come architetto potremmo riciclarti come scrittrice per la guida Michelin!
YayettA
22 Ottobre 2009 at 6:40Beh, anche se mi piace criticare e soprattutto mangiare, direi che ho altre aspirazioni…almeno prima proverei a fare la cuoca!! (=
Giuditta
26 Ottobre 2009 at 17:23Ti odio.
Ora ho fame.
YayettA
27 Ottobre 2009 at 10:51Hehehe…anche io ogni volta che controllo il blog ho la panciotta che brontola!!!
W LE PAPPE